Adolescenti più social e più soli. La felicità non passa dall’abbuffata social
Mi passano davanti con trolley e smartphone in mano, rispondendo a un messaggio su WhatsApp e scorrendo le notifiche su Facebook e Instagram. Sguardo basso, concentrato, per evitare di cadere o sbattere ma anche di sbagliare a digitare. Un occhio allo smartphone e uno alla persona a fianco. No, non è un’immagine scattata in aeroporto. Se vi fermate a osservare i ragazzi delle scuole medie che escono da scuola, potreste credere di essere di fronte a tanti piccoli adulti.
Sean Parker, creatore di Napster ed ex presidente di Facebook, qualche giorno fa ha detto che Facebook “cambia letteralmente la relazione di un individuo con la società e con gli altri. E probabilmente interviene in modo negativo sulla produttività. Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli”.
6 ore al giorno
Secondo alcune ricerche presentate da Jean M. Twenge, professoressa di Psicologia alla San Diego State University e autrice del libro iGen, un adolescente passa circa 6 ore al giorno a chattare, giocare e guardare video sul propio smartphone, tablet o laptop. Sono numeri che arrivano dagli USA, si potrebbe obiettare, che però non sono troppo lontani dall’esperienza che vivono tanti genitori nel nostro paese. Tra un video su YouTube, uno scambio di messaggi e uno sguardo ai social, il tempo scorre e si appiattisce in un eterno presente. Se a questo dato ne affianchiamo un altro, forse anche un po’ più preoccupante, il quadro si complica. I ragazzi passano sempre più tempo in casa, escono raramente con gli amici e hanno pochi momenti in cui potersi sperimentare in assenza di adulti. In altre parole sono più social e più soli. Un bel paradosso.
Come siamo arrivati a questo punto?
Sarebbe troppo facile dare tutta la colpa a Facebook, Google e Apple. Se i ragazzi, e i bambini, passano tanto tempo sui social network, YouTube e simili, la responsabilità è anche degli adulti. Una delle motivazioni che può provare a spiegare questo successo, è il sentimento diffuso di insicurezza, riguardo al presente ma anche al futuro. Pensare a un ragazzo a casa, anche di fronte a un tablet, è più rasserenante che saperlo in giro per la città. Oppure, se volgiamo lo sguardo ai bambini più piccoli, l’idea che certe app possano implementare la creatività e le capacità di apprendimento, può tranquillizzare rispetto a un futuro incerto. Ancora, l’idea che il proprio figlio di 12 anni possa essere tagliato fuori dalle relazioni sociali perché non dotato di smartphone, può generare sentimenti di forte preoccupazione. L’insicurezza ha bisogno di essere controllata e le nuove tecnologie permettono questo genere di controllo.
Social e infelici
Eppure l’esperienza, supportata dai dati, dovrebbe spingerci a far alzare lo sguardo a bambini e adolescenti dagli schermi. Nel saggio di Twenge viene infatti citato uno studio in cui si dice che i bambini di 8 anni che passano 6 ore alla settimana (sono circa 50 minuti al giorno) di fronte a uno schermo hanno il 47% di probabilità in più di risultare infelici rispetto a quei bambini che passano più tempo in altre attività. Detto in altre parole internet, social network e chat aumentano la probabilità di infelicità. La buona notizia è che più si cresce, più questo dato percentuale diminuisce. A 12 anni, per esempio, i ragazzi che passano 10 ore la settimana con uno smartphone in mano hanno una probabilità di sviluppare infelicità che è solo il 20% maggiore rispetto a chi lo usa meno.
Social e soli
“Mi sento spesso solo”
“Mi sento spesso tagliato fuori dalle cose che capitano”
Nel libro iGen si legge che più i ragazzi passano il loro tempo sui social network, più sono portati a rispondere affermativamente a frasi come queste. Anche in questo caso, non ci sono dubbi. La felicità non sembra passare dall’abbuffata social, quanto piuttosto dall’incontro fisico, reale, con altre persone.
In effetti, passare troppo tempo a guardare le vite degli altri, confrontarsi con le prestazioni altrui, cercare di essere all’altezza con le proprie foto e post, può incrementare il sentimento di solitudine. Una ragazza, ad esempio, mi raccontava della tristezza che prova tutti i sabati sera in cui vede che le sue compagne di classe si sono trovate e non l’hanno invitata.
Tra l’altro, in tutto questo, non si tiene conto del fatto che i social network raccontano delle storie e che quelle storie, per definizione, sono raccontate. I ragazzi vedono le vite felici degli altri e fanno fatica, lo facciamo tutti, a pensare che “non è tutto oro quel che luccica”. Ovvio che sui social si raccontino le cose più belle, magari enfatizzandole pure un po’, e si omettano quelle brutte. Difficile che i fallimenti trovino posto su Facebook, a meno che non si pensi che quel racconto negativo possa dire qualcosa di positivo.
Non tutto è perduto, l’importanza di compiti e regole
Siamo spesso portati a pensare alla generazione dei nostri bambini e ragazzi con un misto di disperazione e pessimismo, come se avessimo perso la possibilità di incidere sulla loro vita. Non è così, per fortuna non tutto è perduto. In che modo possiamo limitare l’infelicità dei ragazzi? Sembrerà strano ma la risposta è sotto i nostri occhi, dobbiamo solo sforzarci di aprirli. Fare i compiti, svolgere attività sportive e stare in relazione con altri ragazzi diminuisce le probabilità di infelicità.
Secondo alcuni dati presentati da Twenge, infatti, gli adolescenti che passano più tempo con i loro amici dichiarano di essere più felici dei loro coetanei che passano tante ore di fronte allo schermo. Avere dei compiti da portare avanti, darsi degli obiettivi e obbligarsi alle regole che la relazione impone, consente infatti ai ragazzi di stare meglio. Questo non significa mettere via lo smartphone per non utilizzarlo più, ma imparare a usarlo facendo in modo che non tolga troppo tempo alle altre attività quotidiane.
Tutto questo richiede certamente uno sforzo maggiore anche ai genitori. Un adolescente non è infatti sempre ben disposto a ricevere compiti e a stare all’interno di regole. Ma la possibilità di essere più felici passa da qui, dall’incontro di persona e dal limitare l’uso di smartphone e tablet. Questo discorso vale soprattutto per i più piccoli, che hanno meno strumenti a disposizione e devono essere maggiormente guidati. Solo partendo da questo limite è possibile offrire loro la possibilità di usare le tecnologie in maniera più consapevole.