Contenuti pericolosi sul web: perché i ragazzi si mettono a rischio e come aiutarli
La cronaca racconta spesso di ragazzi che, più o meno consapevolmente, si mettono a rischio sul web maneggiando contenuti pericolosi. La galleria dell’orrore è lunga: gruppi su WhatsApp che inneggiano a Mussolini e Hitler; chat su Telegram in cui ci si scambia materiale al limite, troppe volte oltre al limite, della legalità; condivisione con gli amici di video e foto a sfondo razzista; ricerche nel “darkweb” di siti illegali in cui si vende, tanto per dirne una, droga. Sto volutamente esagerando. Certamente i vostri figli non sono tra quelli che si mettono in pericolo in questo modo. Oppure no?
È tutta colpa di internet? O c’entra anche l’adolescenza?
Facciamo un passo indietro, necessario a scongiurare quel rischio in cui con troppa facilità cadiamo quando trattiamo questi argomenti: dare la colpa al web e ai social per tutte le situazioni negative. E’ colpa di Telegram, del dark web, dello smartphone, di Tik Tok. No, il punto non sta qui. Il superamento del limite in adolescenza, un certo gusto per il proibito, non è certo una novità della nostra epoca. Da sempre i ragazzi vanno un po’ oltre quei limiti segnati dal mondo degli adulti arrivando anche, come nei casi appena accennati, a mettersi seriamente a rischio. Lo fanno per mettersi alla prova, per sentire sulla propria pelle l’effetto, per sentirsi parte di un gruppo. Non giustifico nessuno, ci mancherebbe. Però non possiamo neanche fingere di non conoscere il modo in cui gli adolescenti sfidano le regole, il mondo degli adulti e, di conseguenza, se stessi.
Tra normalità (‘tanto lo fanno tutti’) e gusto della trasgressione
Oggi la ricerca del proibito e del tabù si vive anche nel digitale. Non potrebbe essere diversamente. Con la differenza, non certo banale, che online il senso del limite è spostato in avanti e in alcuni casi arriva quasi a scomparire, a perdersi. I ragazzi si trovano così da un lato a non percepire più di tanto quel limite, dall’altro a volerlo superare. Sembra un paradosso, ma se ci pensiamo bene non lo è poi più di tanto.
Quando ad esempio ho chiesto ad alcuni ragazzi del perché tenessero sui loro smartphone certi video, mi hanno risposto che “erano divertenti”, “che li avevano visti solo una volta e non avevano pensato di cancellarli”, “che tanto nessuno si sarebbe sognato di andare a farsi un giro sui loro smartphone” e “visto che li hanno tutti non sono illegali”. Mi riferisco in questi casi a video violenti e a sfondo razzista. Ma non solo. Da una parte la normalità di un comportamento, la scomparsa del limite. Dall’altro la consapevolezza di essersi spinti un po’ oltre, quel gusto di trasgressione. E in questa confusione i ragazzi si perdono con molta facilità.
Materiali illegali maneggiati senza consapevolezza
L’immaterialità di una foto, un video, un post, un sito internet nel darkweb, rende in effetti più complessa, non impossibile, la ricerca del limite. Un limite, l’abbiamo intuito, che è mal posto e su cui come educatori abbiamo tanto margine di miglioramento. Spesso infatti sono proprio gli adulti a dare un cattivo esempio in questo senso, dentro e fuori dal mondo digitale. I ragazzi si trovano così a maneggiare attraverso i loro smartphone materiali illegali, in alcuni casi anche con rilevanza penale, e a compiere azioni, ad esempio l’andare in siti “pericolosi”, senza di fatto rendersi conto di quanto stanno facendo. Fino a quando vengono intercettati e allora il mondo, improvvisamente, crolla.
Il desiderio di sfidare i tabù
Come adulti ci troviamo spesso senza parole di fonte a queste situazioni: possibile che dei ragazzi, apparentemente senza alcun tipo di problemi, trovino divertente scherzare sulla Shoah o vedere video in cui un ragazzo viene picchiato? Dobbiamo però modificare la domanda: quei ragazzi credono davvero in quello che vedono e condividono? Oppure è solo un modo, l’ennesimo, per sfidare il tabù e per dimostrare a se stessi e a gli altri che sono onnipotenti?
E come genitori, cosa possiamo fare?
1) Ritornare a lavorare sui limiti
Intanto rimetterci a lavorare sui limiti. Imporre dei limiti più chiari assicurandosi che li abbiano ben presenti. Non tutto è consentito e anche online e dobbiamo insegnare ai ragazzi a fermarsi di fronte a certi contenuti, siti internet o chat. In alcuni casi il limite alimenterà il desiderio del proibito, è vero. Ma almeno possiamo confrontarci con un desiderio, merce rara di questi tempi, e con la responsabilità che come esseri umani abbiamo nelle scelte che facciamo.
2) Insegnare che virtuale è anche reale
La seconda è aiutare i ragazzi a comprendere maggiormente le caratteristiche di quell’ambiente in cui passano tante ore al giorno. Non è “materiale”, questo ormai è chiaro. Ma questo non significa che non sia vero, che i video e le foto siano finte, che i post e i commenti non abbiano valore. Dobbiamo insistere affinché comprendano che guardare, condividere, commentare, scrivere, scattare foto e registrare video sono azioni reali. Con delle conseguenze reali nella vita di tutti i giorni.
3) Spiegare che i comportamenti scorretti si denunciano
Infine aiutiamo i ragazzi a non avere paura di denunciare certi comportamenti. Anche quando sono online. E a schierarsi se ritengono che qualcuno abbia superato il limite.
Ecco perché è così importante riposizionare quei limiti.