Il body shaming: quali pericoli e cosa si nasconde dietro?
Deridere online l’aspetto fisico di un’atra persona. Questo, in estrema sintesi, il body shaming. Qualsiasi caratteristica fisica può diventare l’oggetto della presa in giro: la magrezza allo stesso modo dell’obesità, il colore dei capelli, lo sguardo, le dimensioni del seno o del sedere. In pratica, un commento, una foto, una condivisione online che prende in giro. Colpisce maggiormente le ragazze, ma anche i ragazzi possono diventare bersaglio. Detta così, nessuno può avere dubbi non solo sull’inutilità di questo tipo di atteggiamento da bullo o, meglio, da cyberbullo. Però la realtà, soprattutto quella che i ragazzi vivono, non è così scontata e lineare come noi adulti siamo portati a pensare. Ormai dovremmo averlo capito.
L’offesa nelle sfumature delle parole
Può succedere infatti che un commento, scritto magari con le miglior intenzioni, risulti offensivo agli occhi di chi legge. Oppure che una critica, anche in questo caso postata per essere costruttiva, diventi distruttiva. Frasi tipo “mi piacevi di più con i capelli lunghi” piuttosto che “ma quanti filtri hai usato?” scritta magari dalla persona sbagliata nel momento sbagliato, diventano immediatamente pesanti. Senza contare che sui social si innesca immediatamente una reazione a catena e un commento di un certo tipo rischia di portarsi dietro altri commenti simili.
C’è poi una diversa sensibilità da parte delle persone. Non tutti reagiamo nello stesso modo agli stessi eventi, commenti compresi. Non solo. Reagiamo diversamente a seconda del momento della giornata, del nostro umore, dello stress, delle aspettative messe su quel post. Dunque, anche qui, non è semplice, certe volte è impossibile, conoscere la reazione che susciterà nell’altro un certo commento.
Le espressioni offensive e denigratorie sono un reato
Si sarà notato che non sto qui parlando dei commenti chiaramente offensivi e denigratori. Espressioni come “ciccione, obesa, fai schifo, ma ti sei vista?…” non hanno bisogno di troppi giri di parole. Sono offensive, punto. Che ci si trovi online o offline. Anche se online, trovandoci in un ambiente pubblico, sono ancora più gravi e lasciano ferite ancora più profonde. Non è un caso, come ricorda Cristina Maggioni su Nostrofiglio, che la Corte di Cassazione ha affermato in diverse situazioni che postare sui social commenti e foto offensive della dignità altrui rappresenti una forma di diffamazione punibile con l’articolo 595 del codice penale e che il farlo su un social network rappresenti un’aggravante.
Come insegnare il senso del limite?
Nonostante sia molto chiaro cosa non si deve fare, ovvero cosa è reato, nascono molti dubbi sul limite fino a cui è lecito spingersi. I ragazzi giocano infatti con il fraintendimento, l’ambivalenza, lo scherzo. E purtroppo, chi conosce gli adolescenti lo sa bene, sono proprio questi i casi che si verificano in maggioranza. Torniamo così al punto iniziale perché il confine tra cosa è offensivo e cosa non lo è, tra un consiglio non richiesto e una critica costruttiva, è piuttosto sottile. Come fare?
Adolescenti, il bisogno di porre il corpo al centro
Sui social network, soprattutto su Instagram e TikTok, ovvero quelli più utilizzati dai ragazzi, il corpo è spesso posto al centro. Selfie, primi piani, veri e propri set fotografici rappresentano il contenuto del post, della storia o del video. Non c’è dell’altro. Da un certo punto di vista è normale che i commenti si concentrino proprio sul corpo perché difficilmente potrebbero andare in un’altra direzione. Ed è altrettanto normale che i commenti postivi vengano recepiti con felicità, in quanto rafforzano l’autostima, mentre quelli negativi no. Si potrebbe quindi invitare i ragazzi a scrivere solo cose positive e soprattutto a evitare quelle negative? Ma in questo modo non gli stiamo suggerendo forse che il social network è quel luogo in cui c’è spazio solo per un rafforzamento dell’autostima, per il like, e non per la critica?
Costruire la propria identità nei social può essere pericoloso
Oppure potremmo prendere questo problema a monte. E fermarci sul bisogno di porre la propria immagine al centro. Un bisogno di rafforzamento dell’autostima, di cercare nel giudizio dell’altro una risposta alle tante domande, di passare dalla scorciatoia del social network, perché di questo si tratta, per costruire la propria identità. È sempre stato così, almeno da quando si è pensato che l’apparenza, il possedere tanti oggetti alla moda, rappresenti un elemento di valore per la propria identità. Quindi da molto prima dell’arrivo dei social network. Ma oggi, con la potenza e la velocità dei mezzi di comunicazione, questa esposizione della propria immagine è molto più pericolosa. Per questo le risposte alle domande che mettono al centro il proprio essere, il “chi sono?”, dovrebbero essere cercate altrove.
Come aiutare i ragazzi
Di nuovo, come fare? Intanto aiutiamo i ragazzi a non credere che l’esposizione del proprio corpo sia l’unica strada percorribile per diventare grandi. Poi a pensare con attenzione alla potenza che un commento può avere e agli effetti che può scatenare sull’altro. Non esiste l’obbligo di commentare e se proprio vogliamo bene una persona e pensiamo che quella foto necessiti di un nostro commento o di una nostra critica, possiamo sempre farlo in privato. No?
Infine, questo vale anche per gli adulti, a lasciare perdere un po’ il corpo, l’aspetto fisico, e a concentrarsi sui contenuti portati dalla persona.
Il dibattito che ne uscirà potrà senza dubbio renderci migliori.