Perché gli adolescenti preferiscono le stories su Instagram?

L’identità si costituisce a partire dall’immagine. Proprio l’immagine, come io mi vedo e come gli altri mi vedono, permette al soggetto di costruire l’identità, di rispondere, se pur tra mille incertezze, alla domanda “Chi sono?”. Ma l’immagine non può fare a meno del corpo, è costretta, sotto tutti i punti di vista, a farci i conti. Dunque, riassumendo, l’identità prende dimora all’interno di un corpo e si forma a partire dall’immagine.

I social network hanno complicato questo quadro, già di per sé abbastanza complesso.

Le rappresentazioni di sé sui social

C’è un gioco che mi piace fare con i ragazzi. Chiedo a uno di loro di sedersi sulle gambe di un altro e di parlare. Poi mi rivolgo al resto della classe: “Chi ha parlato?” Nessuno ha dubbi. Allora fingo di non aver compreso e chiedo di nuovo: “Ma come fate a esserne certi? Insomma, non vedete, lui si è seduto sulle gambe di un suo compagno, sta parlando al posto suo!”. Nessuno, per fortuna, cambia idea.

“Bene, e se fossimo su un social? Se uno di voi si mettesse a pubblicare storie o a scrivere su WhatsApp usando l’account di un altro, sareste sempre così sicuri?” A quel punto le risposte si fanno più incerte.

Su un social è possibile spacciarsi per qualcun altro, prenderne le sembianze. Per questo è così difficile per i ragazzi rispondere alla mia domanda: chi sta parlando? Perché da un lato pensano all’immagine, e quindi al fatto che quell’account parla a nome di una determinata persona. Dall’altra fanno riferimento al dato reale. Dietro a quell’account c’è una persona diversa da quella che sta effettivamente scrivendo o postando storie. I social network hanno pertanto staccato l’immagine dal corpo, lasciando l’identità libera di vagare tra una rappresentazione e l’altra.

Il passato sui social è sempre in agguato

Se non vi siete persi in questo gioco di specchi, possiamo fare ancora un passo in avanti. Il rapporto con la memoria. Ogni persona, i ragazzi non fanno eccezione, si confronta con il proprio passato e con i vari ricordi che affiorano alla mente. Proprio la memoria è un elemento essenziale nella costruzione identitaria di una persona in quanto soltanto a partire dall’immagine di chi sono stato è possibile sapere chi sono. L’identità non può fare a meno della memoria, del passato, dei ricordi.

Sui social network, a differenza di quanto accade nella vita offline, il passato è sempre in agguato. I post si accumulano uno sull’altro contribuendo a costruire un’immagine più o meno solida di una persona. Scorrendo le bacheche, risalendo ai vecchi post, è infatti possibile farsi un’idea delle persone ben diversa da quella che ci faremmo se incontrassimo quella stessa persona per strada.

La leggerezza delle stories

Non è un caso, allora, che i ragazzi preferiscano le storie. Durano 24 ore e poi fine. Ci avete mai fatto caso? I profili Instagram degli adolescenti hanno pochissimi post. Penso sia un modo per evitare di doversi perennemente confrontare con il proprio passato, fosse anche solo di qualche settimana. Oppure, come mi hanno raccontato alcuni adolescenti intervistati nel mio libro, si procede periodicamente alla bonifica del profilo. Si archiviano le foto vecchie e si lascia solo il presente. Perché archiviarle e non buttarle? Chiedo a una ragazza. “Perché comunque sono foto che mi appartengono, non voglio privarmene per sempre”.

Forse è un esercizio che dovremmo fare tutti. Andare ad archiviare le immagini, i post, che sentiamo più lontani dal nostro presente, evitando in questo modo che possano tornare attuali e influenzare l’immagine che abbiamo di noi stessi e quella che gli altri hanno di noi. Anche se non abbiamo nulla da nascondere, certo.

Perché i nostri ragazzi ci insegnano che per poter vivere sui social bisogna ritrovare un po’ di leggerezza.