Ragazzi sempre connessi: tra fomo, vamping e like addiction
Michele, 12 anni, mi dice che una delle caratteristiche migliori del suo carattere è la sua capacità di rispondere subito ai messaggi. Anche la notte, ovvio. No, non mi sono sbagliato, Michele considera la sua reattività nel rispondere ai messaggi un punto di forza del suo carattere. L’espansività nel mondo digitale sembra dunque passare anche da questa capacità di esserci sempre. “Da come parli – faccio notare – sembra quasi un lavoro, un dovere…”. Mi risponde che ho ragione, “in un certo senso lo è, non è sempre facile, certe volte stai facendo altro e non è semplicissimo staccarsi e rispondere”.
Mentre Michele parla i suoi compagni fanno dei cenni affermativi col capo. “Io dormo col telefono sotto il cuscino” dice Adele. “Lo so, non andrebbe fatto, ci sono le radiazioni. Ma la sera mi addormento mentre scrivo e… – continua cercando di interpretare il mio sguardo – qualcuno potrebbe avere bisogno di me”. “Anche la notte?” le chiedo. “Certo, che differenza fa?”.
“Se c’è una cosa che non sopporto – adesso a parlare è di nuovo un ragazzo – è vedere le due spunte blu su WhatsApp e non aver ricevuto nessuna risposta”. A questo punto si scatena un’ovazione all’interno della classe. “Vuol dire che non mi consideri, che mi stai ignorando…non si deve fare, mai. Piuttosto mi scrivi che non puoi, che sei impegnato, che mi rispondi più tardi. Non esiste che leggi e non scrivi nulla”. Su questo punto, tranne rare eccezioni, sono tutti d’accordo.
Infine, riprende la parola Michele. “Sai cosa farei se lavorassi per WhatsApp? Inventerei una funzione in grado di dirmi non solo che sei online ma anche con chi ti stai scrivendo”. Risate collettive.
Scambio di messaggi online: ci devo essere
Se c’è un aspetto che questo piccolo frammento di racconto mette bene in luce è che i ragazzi considerano lo scambio di messaggi come una chiacchierata di persona. Ciò che si muove in chat non vale meno dell’incontro fisico. Anzi, in alcuni casi, ha un valore maggiore. Perché dallo scritto del messaggio possono passare le parole più vere, quelle che non si riescono a dire a voce, attraverso la bocca e confrontati con lo sguardo dell’altro. Questo discorso vale anche con alcuni gruppi di WhatsApp. Se le amiche o gli amici scrivono, non si può certo rispondere il giorno dopo perché i messaggi arrivano in un determinato momento e hanno senso in quello spazio temporale.
Il tempo e lo spazio attorno: la chat passa sopra tutto
A essere messi in discussione sono dunque i concetti di spazio e tempo. Non importa se sono a letto, in macchina (questo riguarda gli adulti), a scuola, sotto la doccia, in compagnia dei miei familiari o amici. Il messaggio passa sopra tutto e chiede di essere letto. Dunque è questo il punto su cui fermarsi a riflettere con i ragazzi. Perché se è vero che una chat, come un like o un commento, ci può raggiungere in qualsiasi momento della giornata, è altrettanto vero che non sempre il nostro corpo è nelle condizioni di rispondere. Per esempio la notte, quando è bene lasciar andare i pensieri della giornata, comprese le relazioni, senza portarsele a letto.
A puro titolo esemplificativo, si può imparare a disattivare la rete e le notifiche in tutti quei casi in cui ci si rende conto che non si desidera essere distratti da altre relazioni. Ma su questo aspetto occorre lavorare perché i ragazzi ci dicono che, soprattutto nel periodo adolescenziale, il desiderio di essere sempre coinvolti e riconosciuti dall’altro è troppo forte e difficile da controllare.
Vamping, fomo, like addiction…
Vamping, fomo, nomofobia, like addiction… tutte queste etichette che appiccichiamo ai ragazzi e che personalmente non amo troppo, non vogliono dire altro che questo. Uno strumento che permette la relazione al di là del tempo e dello spazio è affascinante per tutti, a maggior ragione per chi si nutre di relazione, come l’adolescente. Il vamping, per esempio, è la tendenza dei ragazzi a vivere attivamente la notte attraverso i propri dispositivi diventando così dei moderni vampiri della rete.
Oppure la Fomo, ovvero la paura di restare tagliati fuori. Paura normalissima, che fa parte della crescita di un ragazzo ma che, con social e chat, ha assunto delle nuove sfumature. Non essendoci limite al tempo e allo spazio in cui ci si può sentire esclusi dal gruppo, per alcuni ragazzi può essere più forte l’ansia di perdersi qualcosa. In alcuni casi, l’ansia è certamente legata anche all’impossibilità di avere sempre sotto controllo la propria identità digitale. Se io dormo e altri mi insultano su Instagram?
Nomofobia: la paura di rimanere senza telefono
Infine la No Mobile Fobia. Rappresenta la paura di rimanere senza telefono. Su questo punto i ragazzi hanno perfettamente ragione. Da un lato il mondo degli adulti ha creato un mondo online sempre presente, dall’altro non è ancora riuscito a creare delle batterie in grado di mantenerlo sempre vivo. Una delle ansie maggiori dei ragazzi, infatti, è quella di trovarsi con la batteria scarica, tagliati completamente fuori dal mondo. Non è certamente un’ansia che appartiene solo ai giovani, ma come adulti dovremmo avere qualche strumento da spendere in più.
Strumenti che dobbiamo passare ai ragazzi, facendo toccare con mano la fisicità del loro corpo e dello spazio che li circonda, imponendo quei limiti che possono aprirgli le porte a una vita più interessante. Ad esempio, obbligandoli a non portarsi il telefono in camera la sera e sostenendoli nel darsi delle regole di utilizzo. Certo, i primi a dover rinunciare alla connessione perenne devono essere però i genitori.