Libri e contenuti per ragazzi, quale futuro?
La scorsa settimana, come vi avevamo anticipato, abbiamo preso parte a Digital Readers, evento ospitato nel bellissimo spazio della Cascina Grande di Rozzano (Mi), dove ha sede anche l’attiva Biblioteca dei Ragazzi animata da Giuseppe Bartorilla.
Giunto alla sua quarta edizione, l’evento ha voluto associare al convegno del pomeriggio, anche un’esperienza di incontro più aperta e informale: il Digital Readers Camp, nato da un’idea di Caterina Ramonda, bibliotecaria e autrice di Le letture di Biblioragazzi, che ha coordinato insieme a Franco Fornaroli la sessione dedicata a scuola e biblioteche. Nel corso della mattinata gli interlocutori coinvolti in quella che qualcuno ha chiamato la “filiera dell’app” (sviluppatori, grafici, editori, insegnanti e bibliotecari) si sono infatti confrontati sui temi della produzione, della promozione e dell’utilizzo delle applicazioni educative e narrative, per rilevare meccanismi e criticità di un prodotto editoriale e di un mercato che sono ancora in una fase embrionale nel nostro paese, con costi di sviluppo elevati e riscontri di pubblico e di download ancora bassi.
Non a caso il titolo di questa edizione del DR recitava “leggere trasformare ragazzi futuro” e la parola d’ordine su cui hanno insistito i relatori del convegno e i partecipanti al camp è stata proprio “trasformare”. La trasformazione dei contenuti per ragazzi non è infatti una semplice questione di passaggio dal formato analogico a quello digitale, piuttosto impone – come ha rilevato Irene Angelopulos di Mubo –“un processo produttivo radicalmente diverso, che cambia la dimensione autoriale oltre che quella editoriale. Tre sono i piedi di tale processo: illustrazione, testo e interaction, che si devono intersecare in modo che tutti gli elementi siano coesi affinché la narrazione regga”. Lo ha confermato anche Silvia Borando, dicendo uno dei punti di forza di di Minibombo è proprio il fatto di avere tutte le competenze per la produzione dell’app all’interno e venire dall’esperienza di video produzione di Tiwi.
E se la portata del cambiamento è ben presente a tutti, meno semplici sono le risposte alle criticità che tale trasformazione comporta. Come ha confermato Valentina Colombo della casa editrice Topipittori “un editore piccolo che si lancia a fare un’app non ha tutte le competenze interne e la struttura mentale per affrontare tale processo. Sviluppare su due piattaforme (Android e iOs) è già di per sé problematico; a ciò si aggiunge anche una differente modalità di interazione con gli illustratori: se illustrano su cartaceo come accolgono le trasformazioni sul supporto digitale?”. Per non parlare poi, hanno chiosato Paola Ambrosecchia (Morena La Balena Panciapiena) e Silvia Teodosi (My Little Cook) del continuo processo di aggiornamento delle app, occasione sì di rilancio del prodotto, ma anche fonte di continuo lavoro e ansia di perfettibilità.
Cambia il processo produttivo, ma cambiano anche il marketing e le modalità di promozione. Funzionano le “collane” di app all’interno di strategie di distribuzione globale, come quelle descritte da Valentina Rota di Ebook & Kids, sviluppatore di una nutrita serie di app educative. Le dinamiche degli app store e di mercati internazionali non sempre però sono alla portata di piccoli e medi sviluppatori, ancora una volta per una questione di costi e di competenze. E al marketing sulle piattaforme social spesso si deve associare un’attività di promozione diretta, attraverso laboratori e iniziative che divulghino, oltre che il proprio prodotto, anche la cultura digitale.
E gli editori sono pronti a tutto questo?
Un primo dato rilevante è l’assenza dei grandi editori e la prevalenza di piccole start up “native digitali”, quasi a confermare l’impressione – condivisa da molti partecipanti – che l’interesse verso i contenuti digitali per bambini, la necessità di confrontarsi su questi temi e di “fare rete” siano più presenti fuori dai confini del mondo editoriale tradizionale, in imprese che nascono al crocevia tra editoria, comunicazione, videoproduzione e informatica.
Nel pomeriggio l’intervento al convegno di Renata Gorgani, direttrice editoriale de Il Castoro, ha confermato le criticità di un mercato sicuramente difficile, in un’affermazione che aveva il sapore della resa e suonava come “gli editori facciano i libri, il resto lo facciano altri perché è un’altra storia”. Ovvero, dato che un libro illustrato per ragazzi difficilmente può essere trasposto nel multimediale, meglio che tale prodotto sia creato ex novo da chi le competenze sul digitale le ha già, da chi è “nativo” della filiera dell’app.
Parole confermate anche da Anselmo Roveda, giornalista di Andersen e scrittore, che di fronte alla crisi della narrazione su carta e allo stato d’animo degli editori, scoraggiati dall’esiguità dei ritorni delle sperimentazioni sul digitale, in questo momento di confusione e ridefinizione dei paradigmi, invita a sfruttare le opportunità di integrazione del digitale e a scorgere spiragli di futuro nelle “periferie”. Come dire che per cercare di dare un nuovo senso a un panorama che ne è apparentemente privo occorre adottare un nuovo punto di osservazione.
Spiragli di futuro si sono aperti anche negli interventi di Andrea Mangiatordi (Università della Bicocca), Anna Antoniazzi (Università di Genova) e Tatiana Wakefield (Biblioteca San Giorgio di Pistoia), che ha voluto raccontare l’esperienza di YouLab-American Corner, voluta per rivitalizzare l’attrattività degli spazi pubblici delle biblioteche rispetto ai giovani adulti.
“Se leggere ti è difficile prova con il digitale”, questa la proposta di Mangiatordi, che – partendo dalle evidenze delle neuroscienze sulle modalità con cui il cervello umano apprende – vede nel digitale un’opportunità di inclusione. Se ognuno apprende in modo diverso, perché non utilizzare le tecnologie digitali per offrire le strategie più adatte a ciascuno per la fruizione di un testo?
Emozionante, infine, la carrellata di film, videogiochi e libri che Anna Antoniazzi ha usato per illustrare il concetto su cui da anni centra i suoi studi: la crossmedialità delle narrazioni. “Riportare le storie al centro“, che se buone sono, tali rimangono anche se riproposte in un videogioco, in un film o in un’app. Il messaggio è chiaro: i prodotti editoriali digitali non appiattiscono la narrazione, tutto dipende dalla qualità della loro realizzazione.
E qui a noi è sembrato che si chiudesse il cerchio: ci troviamo in una fase di transizione, in cui i generi si contaminano e si travasano da un medium all’altro cambiando forma; un’epoca liquida, in cui i confini perdono i contorni netti ed è difficile orientarsi. La sfida del digitale si presenta agli editori come un’impresa complessa e rischiosa. Per trasformarla in opportunità occorre uscire dagli steccati tradizionali e confrontarsi con esperienze professionali e umane differenti.
Il patrimonio culturale di cui sono portatori gli editori italiani è troppo importante per rinchiudersi nei confini apparentemente rassicuranti della pagina di carta. Deve mettersi in gioco per produrre buone storie. Anche per chi è nato in questo secolo. Anche in digitale.
Photo Credits: Anna Pisapia, fotoreporter dell’evento, oltre che relatrice.