Un cubo per combattere l’autismo
Immaginate che vostro figlio non sia interessato se non a oggetti che emettono suoni o luci, passi ore a far roteare gli oggetti, a correre in tondo, a guardare l’acqua che esce dal rubinetto, ad aprire e chiudere le porte, ad accendere e spegnere le luci. Immaginate che vostro figlio percepisca il mondo come incomprensibile e ostile. E che voi ne siate completamente esclusi.
Deve aver immaginato questo Tom Kirkman, uno studente della Dundee University, quando è nata sua figlia. E deve aver pensato che sarebbe stato bello sviluppare qualcosa che potesse evocare il legame emotivo tra padre e figlio, facendo sentire i genitori di soggetti autistici meno isolati e più coinvolti nella crescita del proprio bambino. Da qui è nato “Passive Play”, un progetto universitario che intende consentire ai genitori di bambini autistici di relazionarsi con i loro figli attraverso un giocattolo interattivo unito ad un’app per iPhone e iPad. Si tratta di un cubo, simile ai tradizionali giochi in legno, creato per stimolare i bambini tramite i suoni, le luci e l’esperienza tattile. Tutti i lati prevedono un pulsante con il quale si avvia un esercizio legato all’apprendimento delle lettere, dei numeri e dei suoni. Inoltre, i genitori possono registrare e riprodurre la loro voce nel cubo, aggiungendo un elemento rassicurante e affettivo per il bambino. In più, mamma e papà possono usare l’applicazione per monitorare, anche a distanza, l’interazione del bambino con il cubo, con una serie di dati statistici a disposizione che permettono di leggere progressi e interessi del proprio figlio, in modo da avere una indicazione, magari interpretabile con l’aiuto di esperti in materia, sulle migliori strategie per suscitare interesse e reazioni nel bambino. Passive Play non si propone certo come soluzione alla sindrome autistica, ma è certamente la dimostrazione di come la tecnologia possa essere utilizzata per aiutare e supportare bambini con bisogni speciali.