Bambini, Libertà e Videogiochi

Bambini, Libertà e Videogiochi

Su Il Sole 24 Ore Roberto Casati si chiede come educare i bambini alla libertà. L’autore parte dal libro “Imparare la libertà. Il potere dei genitori come leva di democrazia” (Salani, pagg. 234, € 13,00) scritto dall’ex magistrato Gherardo Colombo e dall’educatrice Elena Passerini, in cui alla concezione comune che associa le regole inevitabilmente alle restrizioni e alla punizione si oppone quella delle regole che non limitano l’azione ma creano dei diritti. E sono quindi fondanti della libertà individuale.

Il gioco – continua Casati riprendendo Colombo e Passerini – potrebbe essere il luogo d’elezione per l’educazione alla libertà. Ma i bambini di oggi giocano in modo molto meno libero, giocano poco con oggetti “non prescrittivi” come sassi, biglie o un fazzoletto e usano in modo massiccio i videogiochi che “hanno un livello di prescrittività altissimo, vivono di veri e propri copioni che il giocatore deve imparare e cui deve adattarsi”. In pratica i bambini subirebbero le regole scritte dagli adulti, non avrebbero nessun incentivo ad inventarne di nuove e a negoziarle con gli altri, imparando così il valore delle regole.
Il bisogno dei bambini di oggi di interagire con cose vere, reali, di interagine in modo non mediato è al centro anche del libro del maestro Franco Lorenzoni che ha promosso un appello affinché i primi anni delle elementari restino liberi da schermi.

Nella visione di Casati e di Lorenzoni i videogiochi e i mezzi digitali in generale sono associati ad un allontanamento dal mondo “non mediato” dei giochi tradizionali e vengono visti come origine di un distacco dalla realtà e dal contatto con la natura. Purtroppo è vero che i nostri figli giocano meno all’aperto, ma non certo a causa dei videogiochi, quanto piuttosto di realtà urbane che sono sempre meno a misura di bambino e di un atteggiamento iperprotettivo di genitori che sono più disposti ad accettare – sottovalutandoli – i pericoli della rete e degli schermi, piuttosto che quelli della società e di una vita all’aria aperta. Un ginocchio sbucciato spaventa di più del possibile isolamento e dell’esposizione a contenuti inappropriati in rete.

Quanto al livello di prescrittività, raccogliere i videogiochi in un unico grande calderone, caratterizzato da “copioni” cui il giocatore deve adattarsi, non rende giustizia a tutti quei giochi digitali creativi, che, a partire da Minecraft per arrivare a Toca Builders, permettono al bambino di giocare senza vincoli con la propria immaginazione.
Inoltre, esistono una serie di piattaforme digitali che permettono lo sviluppo della creatività attraverso l’apprendimento dei principi della programmazione. Associare i computer all’esecuzione di procedure standardizzate e ad una dimensione meramente strumentale è riduttivo, perché non valorizza la dimensione creativa insita nell’attività di sviluppo come lavoro collaborativo di squadra. Che si può apprendere da piccoli, attraverso il gioco, come insegnano le esperienze di CoderDojo e Digital Accademia. La strada è quindi quella di un uso creativo della tecnologia e un ripensamento degli strumenti didattici e dei modelli di apprendimento, come del resto suggerisce lo stesso Casati nel suo recente “Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere” edito da Laterza.