Fuori dai social sotto i 16 anni? Il GDPR, il consenso digitale per minori, cosa cambia e cosa fare

GDPR minori sui social 16 anniIl fatto

Dal 25 maggio 2018 sarà ufficialmente applicabile in tutti gli Stati membri il Regolamento UE 2016/679 noto come GDPR (General Data Protection Regulation).

In particolare, per quanto riguarda i minori ci interessa l’ Art. 8.1Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell’informazione”, che fissa le regole generali per il consenso digitale: “il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”.  E’ prevista una deroga a questa norma “Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”.

In sintesi

In sintesi, in assenza di una diversa scelta da parte del legislatore in Italia, dal 25 maggio i ragazzi con età superiore a 13 anni ma inferiore a 16 dovranno avere il consenso dei genitori per accedere all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione (quindi ad esempio social network e servizi di messaggistica).

Alcune riflessioni

Una scelta restrittiva

Il limite dei 16 anni è indubbiamente una scelta restrittiva, che non tiene conto della presenza massiccia di under 16 sui social e nelle instant chat. I dati ci dicono che bambini di 9 anni sono presenti non solo in rete, ma sui social e nella messaggistica. Per alcuni presenti all’insaputa di chi ha la responsabilità genitoriale, possiamo ipotizzare che molti invece abbiano anche il consenso più o meno informato dei genitori.

Se parliamo di sviluppo del pensiero, ricordiamo che dai 12 ai 18 anni si sviluppa il pensiero logico formale, con la possibilità di pensare il possibile, fare ipotesi, valutare conseguenze e prendere decisioni autonome e responsabili, che è il fine della vita adulta: i minori con più di 13 anni hanno competenze per stare on line in modo adeguato molto diverse rispetto ai bambini della fascia 6-12 anni.

Ricordiamo inoltre che anche per la nostra legge il minore che abbia compiuto i 14 anni ma non ancora i 18 anni è imputabile se capace di intendere e volere. Tuttavia, per il GDPR il suo consenso digitale fino a 16 anni dovrà essere autorizzato dai genitori.

Vietare non è la strada educativa

Chiunque lavora con gli adolescenti sa perfettamente che vietare non ha successo educativo ma induce a trasgredire, soprattutto se siamo consapevoli che l’esperienza digitale per i ragazzi assolve a bisogni di comunicazione, conoscenza, informazione, divertimento, espressione di sé, relazione e condivisione che sono fondamentali per un ragazzo/a di 13-15 anni, Non possiamo ignorare o negare questi bisogni o delegarli a una soglia di età perché non siamo in grado di tutelare da rischi in altro modo.

Attenzione ai digital divide

Non sappiamo ancora come i genitori dovranno dare il loro consenso, ma possiamo ipotizzare che sarà una regola facilmente aggirabile: attualmente non ci si può iscrivere ai social se si hanno meno di 13 anni, ma basta inserire una data di nascita falsa per ottenere l’accesso senza ulteriori controlli. Oppure ci troveremo di fronte a qualcosa di molto complicato che scoraggerà molti genitori poco esperti, creando un divario tra chi ha genitori competenti o che semplicemente hanno voglia e tempo di ‘sbattersi’ e chi no.

Una scelta di questo tipo che ha l’intento di minimizzare i rischi, tuttavia non tiene conto delle ricerche che ci dicono che con l’aumentare dell’utilizzo della rete aumenta la consapevolezza dei rischi. Il rischio zero comporta anche zero opportunità..

I ragazzi con età inferiore a 16 anni utilizzano account anche per uso scolastico, per attività di impegno  sociale, culturale, associativo: verrà vietato, a coloro i quali rispetteranno la norma, il diritto di accedere in modo autonomo a una serie di opportunità. Inoltre, la maggior parte di noi è un genitore attento e responsabile, ma non siamo tutti così: ad alcuni ragazzi, magari quelli che ne hanno più bisogno, potranno vedersi negare il diritto alla partecipazione digitale.

Ogni stato europeo potrà stabilire un’età differente per il consenso digitale, purché non inferiore ai 13 anni, limite valido negli Stati Uniti e fissato dal Children’s Online Privacy Protection Act. Paradossalmente in un mondo in cui le distanze sono sempre più ravvicinate, si verranno presumibilmente a creare differenze tra 13-15enni appartenenti a uno stato oppure a un altro: alcuni potranno accedere liberamente a contenuti on line, informazione, cultura, intrattenimento, condividere immagini, video e commenti, videogiocare e altri no.

Cosa fare concretamente?

Dopo tutte queste premesse, cosa dobbiamo fare noi genitori entro il 25 maggio 2018?

Se nostro figlio ha meno di 13 anni

Non cambia nulla: i social e le instant chat non sono ambienti pensati per under 13. Tuttavia, non avere account Social, non significa non potere usare Internet e la rete, anzi sono proprio questi gli anni in cui noi adulti dobbiamo accompagnare i bambini con una seria educazione al digitale.

Se nostro figlio ha più di 16 anni

Continuerà a usufruire dei propri account come ha sempre fatto: è un percorso verso l’autonomia e l’età adulta in cui la nostra presenza come genitori è comunque rilevante in termini di interesse e dialogo.

Se nostro figlio ha tra i 13 – 15 anni

Prima di tutto informiamolo, dopo esserci a nostra volta informati, su ciò che sta per accadere e parliamo con lui del GDPR e di ciò che cambierà per chi usufruisce di social e instant chat da quando ha 13 anni.

Facebook, Instagram, Whatsapp, Youtube, Musically…. se sappiamo già ciò che usa nostro figlio, perché comunque è oggetto di dialogo familiare, diciamogli che quando sarà il momento e secondo le modalità che ogni gestore indicherà, autorizzeremo il consenso digitale: sarà un’operazione che potremo fare insieme serenamente. Non sappiamo nulla della vita digitale di nostro figlio? Questa potrebbe essere un’occasione per aprire un momento di confronto e conoscenza circa uno spazio e un tempo di relazione e espressione di sé importante per la sua vita. Negare il consenso a chi già usa questi strumenti da uno o due anni, per tutte le riflessioni che abbiamo condiviso, non è un’opzione educativa.

In conclusione

L’articolo 8 del GDPR nasce sicuramente come strumento di forte tutela dei minori.

Tuttavia, i genitori e l’intera società non dovrebbero mai rinunciare all’impegno di rendere la rete un ambiente sicuro anche per i ragazzi e alla possibilità di crescere persone autonome e responsabili attraverso percorsi di educazione digitale, emotivi e relazionali e non solo tecnici.