A che età dare il cellulare a un bambino?

cellulare età giustaE’ una domanda che molti genitori si pongono, un argomento di cui discutono fra loro, soprattutto se nelle scuole dei figli iniziano a comparire i primi cellulari tra i compagni di classe. Alla domanda “Mamma, posso avere un cellulare?” difficilmente si giunge preparati. Con questo post non vogliamo dare risposte definitive, ma piuttosto condividere considerazioni e stimolare riflessioni che aiutino a capire se è arrivato il momento di dare uno smartphone al proprio bambino. Perché non è detto che per tutti valga la stessa risposta.

… non quando te lo chiedono

Di solito la richiesta arriva sempre prima di quando il bambino sia realmente pronto ad avere un cellulare.

… quando ce n’è una reale necessità

Un telefono cellulare deve innanzitutto servire, essere utile. Se un bambino vive sempre vicino ad un adulto munito di un suo apparecchio, di fatto non sussiste la necessità di dargliene uno proprio. Al contrario, se sta iniziando a sperimentare le prime forme di autonomia (come tornare a casa da scuola da solo), può essere utile per sapere dove si trova, utilizzando apposite app di geolocalizzazione. Ricordiamoci però che il telefonino è uno strumento di indipendenza e autonomia del ragazzo, non il nostro guinzaglio virtuale.

… quando è in grado di prendersene cura

Uno smartphone è un oggetto costoso, è importante che il bambino a cui viene affidato sia in grado di tenerlo d’occhio, gestirlo quanto a ricarica delle batterie e non dimenticarlo in giro.

…quando è in grado di capire se è il momento di utilizzarlo o di spegnerlo

Molte scuole dettano ormai le regole di utilizzo dei cellulari una volta che si varca la soglia della classe. Aldilà del rispetto di queste regole (che purtroppo non è scontato), è importante che il bambino sappia che ci sono circostanze in cui è bene che lo smartphone non faccia capolino: per esempio, quando è a tavola con la propria famiglia o con gli amici.

…quando le questioni legate alla sicurezza online gli sono comprensibili

Perché non rispondere a messaggi di sconosciuti? Perché non rivelare ad altri le proprie password (se non ai genitori)? Se il bambino non è in grado di capire le risposte a queste e altre domande, forse è il caso di chiedersi se può utilizzare in modo opportuno uno smartphone. O se, per tutelarlo, non sia meglio attivare delle restrizioni o dei sistemi di parental control.

… quando gli è chiaro che la privacy va rispettata, anche per legge

Dal semplice pubblicare foto di altri fino al diffondere maldicenze su una persona, cadendo nella spirale del cyberbullismo, subendolo o inferendolo. Dall’esporsi in situazioni imbarazzanti sui social network al pubblicare foto altrui senza avere il consenso… non è solo questione di educazione, ad un certo punto interviene la legge.

… quando noi genitori ne sappiamo abbastanza

Cosa significa saperne abbastanza? Significa evitare facili entusiasmi o proibizionismo ad oltranza, aprendosi con spirito critico ai nuovi mezzi e alle nuove modalità di comunicazione, sforzandosi di capirne i rischi e le opportunità. Non è semplice, e soprattutto non è immediato. Il primo passo è proprio capire che occorre vigilare quando si parla di cellulari e bambini, il successivo è che possiamo imparare molte cose a riguardo, magari condividendo informazioni con genitori più “tecnologici” o alle prese prima di noi con figli preadolescenti. Mai come in questo caso, serve capire e tenersi aggiornati, su questioni molto pratiche, come per esempio la condivisione di un account iTunes per monitorare le app scaricate dai bambini attraverso i loro device personali.

Il contratto

E’ famoso il contratto che la giornalista americana Janell Burley Hofmann, madre di 5 figli, scrittrice e blogger, pubblicò sul finire del 2012 sull’Huffington Post per riportava il testo del contratto stipulato con il proprio figlio tredicenne. Il contratto si riferiva all’utilizzo del nuovissimo iPhone che il ragazzo riceveva come regalo di Natale.
Sull’opportunità di stenderne uno con i propri figli ciascuno può riflettere (qui l’opinione della blogger Silvia Tropea di Genitoricrescono.com, esattamente non allineata con la giornalista americana). Di certo, dal momento del fatidico sì, sarà opportuno stabilire delle regole, chiare, semplici e per quanto possibile condivise.