Silvia Tropea: bambini, contratti e tablet

Silvia Tropea: bambini, contratti e tablet

La giornalista americana Janell Burley Hofmann, madre di 5 figli, scrittrice e blogger, a fine 2012 salì all’onore delle cronache internazionali per la pubblicazione di un post sull’Huffington Post in cui riportava il testo del contratto consegnato al proprio figlio tredicenne il giorno di Natale insieme a un nuovissimo iPhone.

Il post, in cui la madre pone al figlio 18 regole per l’utilizzo dello smartphone, ha fatto il giro del mondo, suscitando reazioni molto diverse, dal desiderio di emulazione all’esecrazione, contribuendo comunque ad alimentare la conversazione online su adolescenza e strumenti digitali e tra genitori alle prese con figli in questa fascia d’età.

Per commentare questa strano contratto (che nasce comunque all’interno di una famiglia che si definisce #techpositive) e il dibattito che continua a stimolare anche grazie a un secondo post di recente pubblicato, abbiamo pensato di intervistare Silvia Tropea, una delle due blogger del seguitissimo Genitoricrescono.com, che da sempre contribuisce in Italia al dibattito su nativi digitali, tecnologia ed educazione.

Anche Silvia per Natale ha fatto un regalo tech a suo figlio (10 anni), un iPad, ma ha adottato un atteggiamento diverso, nella convinzione che sia soprattutto il contesto famigliare a suggerire regole di vita da applicare sempre, anche quando si hanno in mano tablet e smartphone.

Silvia, che pensieri hai fatto prima di comprare un tablet personale a tuo figlio?

Abbiamo atteso un po’ prima di fare questo passo a Natale. I tablet erano già arrivati ai compagni di classe con la prima comunione, circa un anno fa, ma la cosa non ci aveva messo fretta: abbiamo preferito aspettare che fosse lui a sentirne la necessità. Quando è arrivato il momento, quando realmente ha sentito il bisogno di avere un tablet per stare in rete in autonomia, abbiamo acconsentito e adottato un atteggiamento positivo e propositivo dandogli maggiore libertà: non potevamo tenerlo lontano da un mondo che era già intorno a lui e che già conosceva attraverso di noi, anche solo per le ricerche scolastiche o i giochi o i cartoni su YouTube. Comunque abbiamo aspettato che fosse lui a segnalarci questa necessità, non l’abbiamo prevenuta.

Hai stabilito con lui delle regole di utilizzo prima di regalarglielo?

Il tablet non è un oggetto che ha una funzione, è uno strumento che apre una porta sul mondo. Alle regole di utilizzo abbiamo quindi preferito un sistema di parental control, inteso non tanto come sbarramento quanto come difesa del bambino. Lui stesso è poi a conoscenza del fatto che gli account sui social network si aprono solo quando si ha l’età in cui è legale farlo, quindi potrà iscriversi a Facebook solo a 13 anni.

Ma sono convinta che l’uso consapevole di questo strumento si comunichi soprattutto attraverso l’esempio, piuttosto che con le regole ferree; quelle le terrò per quando avanzerà la richiesta di un mezzo a due ruote, che reputo ben più pericolose di un tablet!

Cosa pensi dell’idea del contratto scritto dalla madre americana?

E’ stato un bel modo di scrivere un post, un espediente retorico; secondo me un ragazzino di 13 anni o un adolescente non può capire una comunicazione che avviene attraverso un contratto scritto, e sinceramente non mi pare bello comunicare con un figlio mettendosi su quel piano. Le regole è giusto darle nel contesto famigliare, anche attraverso l’esempio: se siamo noi i primi a presentarci a tavola per cena con il cellulare in mano non possiamo sperare che i nostri figli si comportino diversamente. Molte delle regole riportate nel post mi sembrano comunque normali indicazioni d’uso che un genitore ha tutto il diritto/dovere di dare al proprio figlio; altre nascono dal contesto in cui il ragazzino vive, per esempio quello scolastico: se la norma è che in classe lo smartphone va spento, non si transige.

Adolescenti e device digitali: anche tu ti affacci a questa realtà, con che spirito e con che strumenti?

Come si insegna ai figli ad attraversare la strada cominciando a tenerli per mano a due tre anni fino ad arrivare al giorno in cui ci sembreranno in grado di andare a scuola da soli, nello stesso modo impareranno a usare la rete e i device digitali.

Il web è un luogo che non esisteva prima e che adesso c’è. I ragazzini vanno prima accompagnati, come in tutti i posti, poi a un certo punto quando pensi che abbiano acquisito dimestichezza e comprensione ti devi fare da parte… ma sempre con l’occhio lungo e un po’ di controllo su quello che fanno. Il web è fatto di contatti e rapporti umani, che possono essere positivi o negativi e i ragazzini devono essere preparati, anche su altri livelli e in modo più rotondo, ad affrontare l’incontro con gli altri.

Quello che un po’ mi destabilizza come genitore è vederlo con il suo tablet in mano, averlo come contatto su WhataApp, insomma vederlo crescere. Ma è un problema mio, non suo! Io ho fatto del mio meglio per prepararlo all’incontro con il mondo esterno, in generale, ma oggi il mondo è anche il web.