Geek Therapy: videogiochi, fumetti e giochi di ruolo come terapia

Geek Therapy

Negli Stati Uniti d’America si sta diffondendo la Geek Therapy. Anthony Bean – psicoterapeuta di formazione junghiana – è il fondatore di questo innovativo approccio terapeutico e con altri colleghi ha messo a punto un percorso di formazione nel settore, con tanto di riferimenti scientifici.

Di cosa si tratta?

Mr Wikipedia descrive come “geek” persone eccentriche, poiché coltivano interessi e passioni di nicchia, non condivise dal pubblico generale. Quali sono dunque questi interessi? Parliamo di videogames, fumetti, anime e manga, giochi di ruolo (GDR) come Dungeons & Dragons, storie di supereroi (Marvel e DC), comic- con, fan fiction e cultura pop (serie TV, narrativa fantasy e sci-fi e collezionismo a tema).

Geek e nerd, facciamo chiarezza

Spesso si usano i termini geek e nerd in modo intercambiabile. Alcuni aspetti delle due culture si sovrappongono e questo aumenta la confusione. Storicamente entrambi sono stati etichettati in modo negativo dall’opinione pubblica. In quanto culture di nicchia – sino agli ultimi anni – risultavano poco comprese dal resto del pubblico, che le definiva per stereotipi. Anche il termine nerd si riferisce a persone che coltivano un interesse in modo approfondito, spesso relativo – ma non limitato – alla tecnologia e poco inclini alla socializzazione.

Geek e nerd: quale differenza dunque? È il modo in cui geek e nerd coltivano e manifestano i loro interessi a fare la differenza. Il geek sarebbe più portato a collezionare oggetti relativi alle sue passioni e a socializzare i suoi interessi all’esterno con altri appassionati (ad. es. frequentando eventi/comic-con come Milan Games Week e Lucca Comics & Games) e non. Un nerd sarebbe invece più interessato ad accumulare conoscenza su uno o più argomenti, che non è propenso a condividere così come un geek. La discussione sulle differenze tra i termini “geek” e “nerd” è una fiamma non ancora estinta, anche perché chi si identifica con un gruppo tende ad essere selettivo sui criteri di inclusione ed esclusione.

L’atteggiamento generale verso la cultura geek sta finalmente cambiando. Internet facilita non solo la condivisione tra gli appassionati, che quindi si sentono meno isolati, ma anche la diffusione di questa cultura che rende interessi e contenuti più visibili e può quindi coinvolgere nuove fasce di pubblico.

Come è nata e come funziona la Geek Therapy?

Nel corso degli anni di attività clinica, lo psicoterapeuta Anthony Bean – geek per passione – si è reso conto quanto questo background lo aiutasse ad entrare in sintonia con i pazienti che condividevano i suoi stessi interessi.

I pazienti geek si identificano infatti con i protagonisti dei propri videogames, fumetti o anime preferiti oppure con i supereroi o il loro personaggio in un gioco di ruolo. L’aspetto interessante da un punto di vista psicologico è che la dimensione fittizia presente in un gioco, manga o film (es. Marvel) consente di esprimere più liberamente emozioni, pensieri e comportamenti. In queste esperienze, il giudizio sociale del mondo reale è sospeso e il contesto risulta quindi sufficientemente protetto perché le persone si aprano, mentre al contempo si divertono.

E’ importante non giudicare gli interessi geek dei pazienti. E’ invece strategico sfruttare l’attività di gioco per osservare l’esperienza del paziente e comprenderne sentimenti e vissuti. Il protagonista di un videogioco incontra difficoltà e affronta avversità e questo può normalizzare i problemi con cui si scontra il paziente e farlo sentire meno inadeguato. Anche osservare come il personaggio supera le difficoltà può offrire al paziente spunti di riflessione per trovare soluzioni da adottare nella sua vita reale.

A chi è adatta la Geek Therapy?

Questo approccio è adatto a tutte le età, se si hanno interessi geek. Questa terapia è risultata utile nel trattamento di problemi di autostima, ansia, depressione, disturbo post traumatico da stress e ha dato benefici anche a pazienti con ADHD e disturbi dello spettro autistico.

Quest’anno il COVID ha colto tutti di sorpresa, psicoterapeuti inclusi. In Italia, chi ancora non lo faceva ha sperimentato il lavoro online, collegandosi in videoconferenza con i propri pazienti. Le applicazioni di videoconferenza consentono anche interventi psicoterapeutici di gruppo, ma la Geek Therapy può sfruttare anche media diversi, per esempio il videogioco online. Per videogiocare online con i pazienti in gruppo si possono usare titoli multiplayer, come Minecraft. Questo gioco richiede capacità di interazione sociale, collaborazione e comunicazione per perseguire un obiettivo comune. Il terapeuta può concordare un obiettivo con il gruppo, dopo aver concordato i diversi ruoli dei giocatori/pazienti. Il ‘builder’ può costruire un riparo, il ‘miner’ creare una miniera e raccogliere risorse e le ‘guardie’ si occupano dei nemici. Il gioco si trasforma in un laboratorio digitale in cui il terapeuta può osservare il comportamento dei singoli e le interazioni in gruppo e portare i partecipanti a riflettere su ciò che accade durante la sessione.

Molti colleghi americani prima del lockdown tenevano in ambulatorio gruppi di terapia attraverso il gioco di ruolo Dungeon & Dragons. Quando è scattata la quarantena hanno sospeso le attività, chi per una scelta terapeutica, chi per problemi di accesso ad internet. In realtà, con pazienza e creatività, sarebbe possibile continuare giocare anche online e continuare la terapia.

Va inoltre precisato che in questi ambienti i dati personali sensibili non sono sufficientemente protetti. Qualora i pazienti (e i genitori in caso di minorenni) fossero disponibili a lavorare in questa modalità, è necessario stilare moduli di consenso informato e privacy che spieghino limiti e rischi degli ambienti digitali prima di procedere online.

Per saperne di più vedi geektherapytraining.com