Parlare di amicizia a un figlio ai tempi del social
La buona notizia è che l’intera vita di un adolescente gira ancora attorno alle amicizie.
Anche nel 2019, nonostante i social network, i ragazzi continuano a dare molta importanza all’amicizia. Instagram, Snapchat e WhatsApp hanno però certamente modificato il modo in cui un’amicizia viene creata e vissuta e anche interrotta. Oggi si può infatti chattare, creare gruppi, taggare, fare storie, bloccare o duettare, come avviene su Tik Tok.
Azioni compiute online che hanno inevitabilmente delle ricadute offline.
“Ai miei tempi, quando non avevamo il telefonino, eravamo costretti a usare il telefono fisso e ci sentivamo poche volte alla settimana perché non dovevamo tenere occupata la linea telefonica. Non come voi che…” Queste parole dette da un ipotetico genitore rappresentano il modo peggiore per iniziare una conversazione sull’amicizia con un figlio. Le tecnologie, come detto, modificano il modo di stare in relazione ma i rapporti di amicizia che i ragazzi creano sono reali. Reali. Più utile è allora aiutare i ragazzi a riflettere sulle proprie amicizie, anche a partire dall’uso di social network e app di instant messaging.
Ecco allora alcuni spunti di riflessione.
Non dare tutto a tutti. Tieni qualcosa solo per un amico
Questo è forse il primo punto che vale la pena toccare con un figlio. I social network chiedono costantemente agli utenti, ragazzi compresi, materiale da condividere. Il rischio è quello di mettere tutto in piazza, di raccontare tutto a tutti. Comincerei da qui. Dal dire a un figlio che è bellissimo condividere alcuni aspetti della propria vita solo con alcune persone. Rivolgersi a un amico, a una persona fidata, invece che dare in pasto al social, quindi al suo pubblico potenzialmente infinito, il proprio contenuto aspettando che qualcuno risponda.
Non stare troppo addosso ai tuoi amici. Lascia spazio
La comunicazione nel mondo digitale è velocissima ed è sempre più difficile tollerare l’attesa. Si scrive un messaggio, si aspettano le spunte blu e ci si innervosisce se l’atro non risponde pur essendo online. Oppure si guarda chi ha visualizzato la storia e chi ha messo il like, valutando l’amicizia sulla base delle reazioni ai contenuti pubblicati. No, è bene dire ai ragazzi di non fissarsi troppo su questi aspetti perché il rischio è di appesantire l’amicizia.
Non stalkerare i tuoi amici. Evita di andare a vedere sempre cosa pubblica
Stalkerare è una parola molto usata tra i giovani. Significa seguire una persona sui vari social in maniera quasi ossessiva. Anche in questo caso è bene dire ai figli di lasciare perdere perché un’amicizia, per poter vivere, ha bisogno anche di spazi vuoti. Inoltre, questo continuo cercare informazioni sugli altri può facilmente portare i ragazzi a fraintendimenti e a farsi idee sbagliate, costruendo pregiudizi difficili da cancellare.
Non chiuderti nella chat con i tuoi amici. Fai entrare anche altre persone
Quando si crea un gruppo su WhatsApp si crea un canale comunicativo privilegiato. Può capitare che alcuni gruppi vengano creati senza nessuna intenzione particolare ma nel momento in cui prendono forma creano un dentro, i membri del gruppo, e un fuori, gli altri. Questo rende le comunicazioni tra i partecipanti al gruppo molto veloci ma complica l’apertura verso l’esterno. A un figlio consiglierei allora di non chiudersi nei suoi gruppi ma di tentare un incontro anche con le altre persone. Perché è vero che i ragazzi in adolescenza hanno bisogno dei gruppi per trovare la propria identità, ma è altrettanto vero che la facilità con cui nascono i gruppi su WhatsApp rischia di limitare l’esperienza che un ragazzo può fare.
Non trattare i tuoi amici come dei contatti. Se ci sono problemi, parlaci
Eliminare dai gruppi, bloccare, mandare screenshot di chat private. Sono tutti comportamenti che sconsiglierei a un figlio. Togliere un amico da un gruppo su WhatsApp senza parlarci, spiegargli i motivi di questa scelta e dargli la possibilità di replicare non è un comportamento che aiuta a diventare grandi. Magari ci si toglie un fastidio, questo sì. Ma le persone sono reali e vanno affrontate in tutta la loro realtà.
Lascia spazio all’imprevisto. Questo è il bello dell’amicizia
In un bellissimo romanzo di Philip Roth, Pastorale Americana, c’è un passaggio in cui si dice che capire bene la gente non è vivere. Vivere, al contrario, è capirla male, lasciare spazio all’imprevisto senza illudersi di poter davvero conoscere bene una persona. Questo significa che il bello, nelle relazioni umane, nasce proprio dall’imprevisto, quando cioè non siamo guidati dal pregiudizio su una persona e ci facciamo sorprendere. A un figlio, per concludere, direi che i social network possono portare a pensare di avere un controllo sull’altro, ad esempio un amico. Ma non è così. L’amicizia ha bisogno di essere fuori controllo, deve permettere alle persone di esprimersi liberamente.
I social devono allora essere uno strumento che permette all’amicizia di esprimersi e non, come spesso capita, il luogo in cui l’amicizia si consuma.