Instant Life: perché sui social piacciono i contenuti che scompaiono?

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 Quando racconto il meccanismo delle Instagram Stories a genitori o insegnanti incontro spesso delle facce un po’ dubbiose. Non riescono a capire perché i ragazzi scelgano di pubblicare dei contenuti che scompaiono dopo 24 ore senza lasciare tracce. Come è possibile che quei ragazzi, spesso dipinti come narcisisti e in cerca di popolarità, accettino di condividere contenuti così effimeri?

La mia storia online… per 24 ore

Alcuni adulti pensano che questo comportamento serva a nascondere comportamenti sbagliati. Un video di una festa in cui si è alzato il gomito o fumato, una fotografia un po’ troppo intima, degli amici poco fidati. Inizialmente, quando solo Snapchat proponeva messaggi e storie a tempo, in tanti erano convinti di questo utilizzo distorto delle strumento da parte dei ragazzi. Si diceva, lo ricordo bene, che Snapchat era la chat del sexting (lo scambio di messaggi a contenuto sessuale). Ma, evidentemente, era una visione piuttosto limitata. Ho conosciuto moltissimi ragazzi innamorati della chat del fantasmino giallo che non hanno mai usato Snapchat per scambiarsi certi tipi di messaggi. Dietro al desiderio di non rimanere online con la propria storia per più di 24 ore c’è dunque qualcosa di più.

Due passioni, due nemici interiori

Alain Badiou, filosofo, nel suo saggio La vera vita riprende Socrate e scrive che i giovani per diventare adulti devono confrontarsi con due nemici interiori. Il primo è la passione per la vita immediata, per il piacere, per l’istante, per una musica, per un capriccio, per una canna e per un gioco idiota. Insomma, il piacere per la vita che si consuma e si brucia intorno al singolo istante. L’altro nemico è invece è la passione per la riuscita, l’idea di diventare ricchi, potenti, di avere successo. In entrambi i casi a venire meno è il futuro: nel primo caso perché lo si brucia, nel secondo perché non si fa altro che cercare il proprio posto all’interno di un sistema consolidato senza però fare nulla per cambiarlo.

Sui social c’è una vita fatta di soli istanti…

L’istante è dunque da sempre al centro della vita di un giovane. Se chiedete a un adolescente se preferisce 10 euro subito o 100 euro a fine mese dovete probabilmente essere pronti ad avere una banconota da 10 euro nel portafogli. Questo, è bene ribadirlo, da molto prima che arrivassero i social network. Qualcosa, però, è cambiato ancora negli ultimi anni. I social sono riusciti a trasformare la vita quotidiana di tutti noi in tanti piccoli istanti da condividere sulle nostre bacheche. I programmatori di queste piattaforme hanno inoltre notato che il tempo a cui l’uomo è interessato non è certo quello cronologico, carico anche di tempi morti e noia. Sui social, come nella vita, l’essere umano va alla ricerca di quelle storie che fanno stare bene, che appassionano, che incuriosiscono. Gli istanti postati da ciascuno di noi vengono dunque proposti e riproposti sulla base dell’effetto che producono in chi legge. Sui social non c’è più traccia del tempo cronologico.

… ma un istante non può essere per sempre!

A questo punto, però, subentra un ulteriore problema. Un istante può essere per sempre? Oppure, potrei anche dirla così, uno scatto con un’amica o il racconto di un pomeriggio al parco devono restare sulla bacheca per un tempo indefinito? Sono domande che noi adulti ci poniamo troppo poco, a differenza dei ragazzi che da questo punto di vista sono molto più attenti a intuire che cosa succederà fra qualche anno. Se i social network raccontano solo alcuni istanti della vita delle persone è bene che tutto ciò che ha a che fare con il tempo cronologico venga escluso. Questo sono le storie su Instagram o gli stati su WhatsApp per i ragazzi. Dei frammenti di vita che parlano di quel preciso momento e che è bene che svaniscano il prima possibile. Questo non significa che non abbiano valore. Al contrario, ne hanno parecchio. La differenza è che il valore è strettamente collegato a quel preciso istante. Passato il momento perde il suo valore ed è bene che non resti a lungo sulla bacheca del social.

Le storie si dimenticano, i post no

I ragazzi amano le storie, come del resto molti adulti, perché in quello spazio possono raccontare qualche cosa senza temere di essere segnati per sempre da quel racconto. Tutto ciò può anche suonare paradossale, in fondo una foto è sempre una foto sia che appaia in un post sia su una storia. Ma non è così, sono i ragazzi a suggerircelo. Le storie si dimenticano mentre i post no, restano impressi nella bacheca (e nella vita) delle persone. Da questo punto di vista, il fatto che un adolescente utilizzi le storie per raccontare le sue esperienze agli amici non è poi così negativo. Ci sono però dei rischi che non possiamo non vedere.

I rischi da valutare

Il primo è che in questo modo i ragazzi si sentono molto più liberi di condividere le loro storie. Questo atteggiamento può portare a un ulteriore abbassamento della responsabilità. I ragazzi, sentendosi a loro agio, condividono più facilmente frammenti della loro vita che potrebbero anche non finire sui social. Anzi, sarebbe bene ricordare che non tutto deve per forza finire sui social network.

Il secondo ha a che fare con il rischio che questa vita schiacciata nel presente distrugga, piano piano, storia dopo storia, la profondità dell’esperienza. Una professoressa di italiano mi raccontava di aver notato nei suoi alunni una tendenza a voler usare sempre il tempo presente dovuta, molto probabilmente, a un’incapacità nell’utilizzare i tempi passati e futuri. Questo è  un punto per me molto importante. Il presente si porta dentro il passato e deve essere proiettato al futuro. Altrimenti rischia di essere privo di senso, come troppe volte ci paiono le vite che scorrono sui social network. Comprese, questa volta ne sono certo, quelle di tanti adulti.