Cortometraggi, occasione di confronto e crescita per i bambini

La tradizione orale è stata la prima forma di trasmissione dell’esperienza e del sapere e da lì in poi, lo sappiamo bene, le strade delle narrazioni si sono moltiplicate e ramificate. Oggi le storie continuano a essere raccontate a voce (si pensi al successo emergente degli audiolibri), ma – oltre che sulla carta – hanno trovato spazi fertili nei nuovi media. Il cinema, la televisione, le console di videogioco, i computer e gli schermi touchscreen sono tecnologie che vengono utilizzate per supportare e reinventare le narrazioni, e sono in grado, per le loro caratteristiche, di dar vita a format più immersivi e coinvolgenti. In particolare, il cinema d’animazione ha saputo intrattenere e sedurre più generazioni dando vita a storie di alto valore non solo estetico, ma anche educativo.

Proprio su questo aspetto si sofferma Cosimo Di Bari nel recente saggio “Cartoon educativi e immaginario infantile” (di cui è curatore e autore, per l’editore Franco Angeli), riflettendo sulla portata di un formato particolare dell’animazione: i cortometraggi. I corti animati, che nel passaggio dall’analogico al digitale hanno goduto di una nuova diffusione sulle odierne piattaforme video, sono stati spesso campo di sperimentazione, sia dei registri espressivi sia delle tecniche produttive. A partire dagli anni 80 e 90 fino ad oggi, i cortometraggi sono stati il banco di prova ideale per studi di produzione emergenti, che nel minutaggio ridotto trovano il giusto spazio sia per collaudare nuove tecnologie sia per indagare tematiche spesso poco trattate in animazione. E l’attenzione e la perizia con cui sono realizzati ne fanno anche interessanti risorse a cui ricorrere in contesti educativi e didattici.

Abbiamo raggiunto Di Bari, ricercatore di Pedagogia presso l’Università di Firenze e docente di Pedagogia delle differenze all’Università di Parma, e gli abbiamo posto alcune domande per approfondire con lui l’argomento e fornire consigli utili a genitori e insegnanti.

Perché i cortometraggi d’animazione possono rappresentare un valore aggiunto?

Cosimo Di Bari: “Oggi, come ogni genitore abituato a usare YouTube o altre piattaforme sa bene, i contenuti sono disponibili on-demand. Per questo è possibile fruire anche di contenuti fuori dai circuiti mediatici tradizionali e non inseriti nelle logiche del mercato e dei relativi gadget. I cortometraggi, da quelli del colosso Pixar per arrivare fino a produzioni meno note ma di qualità, hanno vari aspetti interessanti: per esempio hanno una durata contenuta e spezzano quel ‘flusso’ al quale il bambino rischia di abituarsi e che spesso è difficile interrompere, dunque si presta ad essere utilizzato come ‘pre-testo’ per svolgere altre attività”.

Quali elementi in particolare possono risultare positivi nei cortometraggi?

Cosimo Di Bari: “Rimarcando sempre che il potenziale educativo necessita dell’accompagnamento dell’adulto per essere valorizzato, si possono notare tre aspetti interessanti, oltre a quello già notato rappresentato dalla durata breve.

  1. Il primo riguarda la dimensione emotiva, perché questi cortometraggi d’animazione rappresentano le emozioni in modo diretto e semplificato, con una chiarezza che non le banalizza, ma che consente piuttosto di metterle in ordine e collegarle al proprio vissuto.
  2. Il secondo aspetto è sul piano narrativo: nella loro rapidità e nella loro semplicità, sono testi che narrano in modo accattivante e che possono rappresentare una palestra interpretativa; si pensi ad esempio a La Luna, nel quale il bambino scopre solo alla fine quale era l’attività nella quale erano intenti i tre protagonisti; in questo cartoon è del tutto assente il linguaggio verbale, ma il non verbale rende comprensibile la trama.
  3. Un terzo aspetto è sul piano identitario: oltre ad immaginarsi nei personaggi tradizionali o nei supereroi, quei testi offrono la possibilità di proiettarsi in situazioni ed esperienze nuove, favorendo un pluralismo di punti di vista; ad esempio non è casuale la scelta della stessa Pixar di impostare molte delle proprie storie (Toy Story compreso) rendendo umani i giocattoli: così, si favorisce un punto di vista nuovo sul gioco e sul giocare, cercando di ridare valore a oggetti che ormai sono diventati a tutti gli effetti di consumo”.

Non si tratta di messaggi troppo complessi per bambini di età inferiore ai sei anni?

Cosimo Di Bari: “No, a patto che la fruizione degli schermi avvenga sotto la regia dell’adulto. Questi cortometraggi non sono affatto più complessi rispetto ad altri contenuti che molti bambini già vedono. Anzi, la loro chiarezza e la loro semplicità abbinate alla ricchezza dal punto di vista estetico e sensoriale, possono essere significativi per il bambino: non è da escludere neppure, vista la loro vicinanza a molti PTOF, un utilizzo in ambito didattico nella scuola dell’infanzia, da parte di insegnanti che siano informati e sensibili ai temi della Media Education e che decidano di coinvolgere su questi argomenti anche i genitori”.

Quindi quali suggerimenti si possono offrire a un genitore per selezionare contenuti adatti a bambini di età inferiore ai sei anni?

Cosimo Di Bari: “I criteri non sono diversi da quelli che adottiamo per scegliere un albo illustrato o un libro. In generale, è auspicabile che i personaggi di riferimento abbiano all’incirca la stessa età dei destinatari; che non vi siano situazioni che inducano stati emotivi che il bambino non riesce a gestire; che non vi siano stereotipi o visioni del mondo condizionanti. Ma al di là del rischi, è opportuno anche valutare contenuti che presentino potenzialità interessanti, quindi che siano piacevoli dal punto di vista estetico e che contengano messaggi positivi, a partire dai quali si può giocare con i bambini o comunque favorire loro verbalizzazioni”.

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