I nativi digitali non esistono. E nemmeno i genitori perfetti
Il termine ‘nativo digitale’ è un’etichetta che ha funzionato in questo millennio da un punto di vista mediatico, ma si è rivelata pericolosa nel volerci far credere che i bambini siano ‘competenti’ nell’uso della tecnologia.
A smontare questo pregiudizio contribuisce l’ultimo libro del pedagogista Cosimo di Bari, da anni impegnato a livello universitario a indagare il ruolo dei media nella vita dei giovanissimi ed anche padre di due bambini. Sono moltissime le sue pubblicazioni su questo tema e con lui in passato ci siamo soffermati qui su Mamamò a parlare di come sfruttare i cortometraggi animati per far riflettere i piccoli su questioni complesse, sfruttando questi piccoli gioielli dell’animazione.
Il suo nuovo libro I nativi digitali non esistono – Educare a un uso consapevole, creativo e responsabile dei media digitali (ed. Uppa) nasce dal desiderio di parlare agli adulti del rapporto tra infanzia e schermi, per approfondire con loro il tema dei rischi e delle potenzialità dei media nelle vite dei bambini dalla nascita ai 10 anni d’età. Si tratta di un testo che vuole stimolare riflessioni e proporre strade per costruire un rapporto sano con gli schermi già dalla primissima infanzia, partendo dalla considerazione che è possibile “pur abitando attivamente un’epoca di velocissime trasformazioni, conservare ‘intatte’ quelle dimensioni della nostra cultura che ci rendono ‘umani'”.
Apprezziamo il fatto che da pedagogista Di Bari si rivolga con onestà ai genitori chiarendo fin dall’introduzione che non esistono ‘ricette preconfezionate valide per ogni ogni luogo e in ogni tempo’. Piuttosto, occorre interrogarsi “sulla qualità degli ‘ingredienti’ e impegnarsi a scriverne di proprie, funzionali per il proprio contesto familiare ed educativo”. Lungi dal voler colpevolizzare i genitori, li invita piuttosto a farsi delle domande, per limitare i danni e valorizzare le risorse che i media possono offrire a livello educativo. Li esorta a non cadere in forme di “panico morale” che vedono nei media il capro espiatorio di molti dei problemi della società contemporanea. Meglio non rinviare e intraprendere sin da subito un’azione educativa consapevole:
“Piuttosto che farsi terrorizzare dei ‘macro problemi’ del digitale durante l’adolescenza (pedo-pornografia, cyberbullismo, per citare quelli più evidenti e più frequenti nei dibattiti pubblici), la soluzione può essere avviare fin dall’infanzia e dalla prima infanzia forme di alfabetizzazione e di utilizzo consapevole”.
Si tratta quindi non di vietare l’utilizzo degli schermi, ma di introdurli gradualmente nella vita dei bambini, coltivando in loro le necessarie competenze per interpretare criticamente ciò che fruiscono su tv, tablet, smartphone, smart speaker e laptop.
In risposta alla legittima domanda che i genitori si potrebbero porre (Ma come faccio io a fare tutto ciò?), nel manuale Di Bari offre strumenti concreti che li aiutino in questo percorso. Non solo fornisce indicazioni sulle posizioni di pediatri e psicologi in merito al tema schermi e infanzia, ma analizza con linguaggio semplice i vari tipi di contenuti fruibili dai bambini (app, video su YouTube, cartoni animati, videogiochi…), ne svela i punti critici, suggerisce come valutarne l’idoneità alla visione da parte dell’infanzia, propone schede per strutturare piccole attività da avviare con i piccoli nel quotidiano in ottica di media education.
Anziché attribuire ai bambini un’innata capacità di relazionarsi alle tecnologie, è meglio che le famiglie si impegnino nella costruzione delle competenze digitali di grandi e piccoli, non dimenticando che uno sguardo consapevole e creativo contribuirà a rendere questi spazi terreno di incontro, dialogo e crescita.