Fortnite, e i videogiochi, possono provocare dipendenza?

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Mettiamo subito le cose in chiaro. La risposta è no. Fortnite non provoca dipendenza, no non è come una droga, no non ci si deve disintossicare come purtroppo capita quando si è dipendenti da una sostanza stupefacente. Se proprio vogliamo associare la parola dipendenza ai videogame dobbiamo pensare alle dipendenze comportamentali, quelle senza sostanza per intenderci, come la dipendenza da sesso, da lavoro, da shopping compulsivo…

Comportamenti quotidiani e normali che assumono una sfumatura di patologia più o meno grave in alcune, e sottolineo alcune, persone. In questi comportamenti patologici, è bene ribadirlo, il motivo del disagio non si trova nell’oggetto da cui ci si sente dipendenti, ma in altri tratti caratteristici della persona.  Con i videogame succede qualcosa di simile: fanno parte della vita quotidiana e non provocano dipendenza. Qualche persona potrebbe però instaurare, per svariati motivi, un rapporto patologico con l’oggetto tecnologico.

La confusione regna sovrana

Certamente la comunità scientifica, supportata dai media, non ha aiutato il mondo degli adulti a comprendere il mondo dei videogiochi. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno infatti inserito al loro interno il gaming disorder tra le nuove patologie. Ci si dimentica però con troppa facilità di dire che questa nuova forma di dipendenza trova posto in entrambi i manuali tra le patologie che necessitano di ulteriori studi per poter essere diagnosticate. Detto in altre parole, la dipendenza da videogiochi ha trovato un suo spazio tra le patologie del nuovo millennio senza essere a tutti gli effetti una patologia. Senza dubbio un’operazione singolare che infatti non aiuta il mondo degli adulti a farsi un’idea chiara del fenomeno.

Un’intera generazione di dipendenti

Definire patologico un comportamento senza avere dati e ragioni sufficientemente valide per farlo è molto pericoloso. Intanto perché rischiamo di patologizzare e medicalizzare un’intera generazione. Il numero di giocatori di Fortnite, per citare il videogioco del momento, è salito a 200 milioni. Per fortuna non ci troviamo di fronte a 200 milioni di dipendenti da videogiochi. In secondo luogo perché così si scredita il mondo degli adulti che da un lato sostiene la dipendenza dei giovani da questi videogiochi, dall’altro continua a comprarglieli e a renderglieli accessibili. Infine perché penso che un ragazzo non sia aiutato a gestire il suo rapporto con il videogioco se sente dire da tutte le parti che giocare ai videogiochi provoca dipendenza. 

Ci sono però dei “ma”

Lo so, ci sono dei ma e dopo questa necessaria introduzione possiamo andare a recuperarli tutti. Mi capita spesso di ricevere telefonate di genitori disperati che non sanno più che cosa fare con i figli costantemente attaccati ai videogame, anche a Fortnite. Oppure di ascoltare madri e padri che non riescono a limitare le ore che il figlio passa di fronte al videogioco. O ancora di sentire ragazzi che riconoscono di non riuscire a gestire il rapporto con questi giochi. A tutte queste persone interessano poco i discorsi fatti fino a questo punto perché si scontrano con una realtà in cui il videogioco è troppo presente. Come accennavo all’inizio, in situazioni come queste appena descritte, può essere che un comportamento “normale” si sia trasformato in patologico. Il videogioco ha preso il posto della realtà e al ragazzo non sembra interessare nient’altro. Sbaglieremmo però se ci limitassimo a dare la colpa al gioco.

A cosa dobbiamo stare attenti

Un ragazzo che passa troppo tempo di fronte a un videogioco e che non cerca situazioni di scambio e confronto con i pari sta effettivamente affrontando delle difficoltà. Non ho i dati che può avere il DSM o l’OMS ma, dalla mia esperienza, in questi casi il gioco ha sempre funzionato come una sorta di fuga da una realtà molto poco interessante e gratificante. Il videogioco diventa una sorta di catalizzatore degli interessi di ragazzi arrivando anche, in taluni casi, a funzionare da farmaco. Grazie al gioco, infatti, alcuni giovani riescono a restare aggrappati alla vita e a cercare nuovi stimoli per andare avanti.

Quindi dobbiamo impedire di giocare a Fortnite?

Sono però tutto sommato poche queste situazioni di legame patologico al videogioco. Molto più spesso ci troviamo di fronte a ragazzi molto presi dal gioco che però riescono a non mettere da parte il resto dei loro interessi. In questi casi si gioca perché tutti in classe giocano o perché in questo modo si ha la possibilità di non annoiarsi mai grazie all’onnipresenza di videogiochi e dispositivi tecnologici. Oppure, molto semplicemente, perché i videogiochi sono belli e divertenti.

Fortnite funziona dunque come una droga? La risposta è no, lo ribadisco dopo tutti questi ragionamenti. Questo però non significa che non si possano venire a creare situazioni si disagio legate (anche) all’uso di questo videogioco.

Che fare, quindi?

Per le risposte a questa domanda rimando all’articolo Fortnite, mio figlio ci gioca: mi devo preoccupare? scritto su Mamamò da Paolo Paglianti a Luglio 2018, quando ancora si parlava tutto sommato poco di questo videogioco. Nella sua bella recensione al videogioco troverete anche alcuni consigli pratici per aiutare i ragazzi a regolare il loro rapporto con questo gioco. Anche perché, se si decide di far giocare a Fortnite o giochi simili bambini di 7 o 8 anni, non si può poi pretendere che ci giochino il giusto. L’alternativa non è definirli dipendenti, lo si sarà capito, ma far loro proposte diverse e più adatte alla loro singolarità.