To the Moon: rimpianti e desideri sospesi tra le stelle

È difficile parlare di To The Moon. A guardare delle immagini il gioco sembra un progetto amatoriale. In effetti è lo sforzo di una sola persona, Kan Gao, che si è occupato dello sviluppo e delle musiche (magistrali), aiutato solo da pochi amici fidati. Questo gruppo di creativi, riuniti sotto il nome di Freebird Games, è riuscito a creare con pochi mezzi quella che ritengo una delle migliori narrazioni in assoluto nel panorama videoludico; l’amore e l’attenzione ai dettagli per la loro creatura emergono in ogni istante di gioco.
Partiamo dalle premesse narrative. Siamo in un futuro non troppo lontano. Il dottor Watts e la dottoressa Rosalene sono due professionisti della Sigmund Corps, azienda che offre ai propri clienti la possibilità di riscrivere i propri ricordi in punto di morte, garantendo così un trapasso sereno. Questa volta il cliente è Johnny Wyles, un anziano vedovo che vive con la badante e i suoi figli piccoli. Il suo sogno è sempre stato quello di andare sulla Luna, ma non riesce a ricordare il perché. Nessun problema per Watts e Rosalene: basta andare indietro nel tempo, capire quando questo desiderio è nato e modificare i suoi ricordi, così da far credere all’anziano di essere andato sulla Luna. Le cose si riveleranno ovviamente più complicate del previsto e un grosso ruolo nella storia sarà giocato da River, la moglie di Johnny, morta pochi anni prima.
Non un gioco sull’autismo, ma su un autismo
Il gioco, da poco uscito su Nintendo Switch in una nuova versione rivista e migliorata, si presenta con una grafica pixellata che ricorda i primi Final Fantasy o Pokemon e come genere è riconducibile ad un’avventura grafica. Gli enigmi sono comunque semplicissimi, quasi a fare in modo che la componente ludica non intralci lo scorrere della narrazione, il vero cuore pulsante di To The Moon.
La prima cosa che mi ha colpito è come è stato trattato il tema dell’autismo di uno dei personaggi. Non è raro vedere affrontata la questione sul grande schermo o in serie tv, ma nei videogiochi il tema non è stato quasi mai esplorato prima del lavoro di Kan Gao e mai con questa correttezza. Essere autistico, infatti, non è la stessa cosa per ogni persona e lo spettro autistico presenta una variabilità e una complessità notevoli. Ognuno è diverso, insomma. Il gioco sottende che uno dei personaggi conviva con la Sindrome di Asperger, che dal 2013 è stata accorpata ai disturbi dello spettro autistico nel manuale diagnostico DSM-5. Il gioco non addolcisce le difficoltà relazionali, il dolore dell’incomunicabilità e alcuni tratti comuni ai disturbi dello spettro autistico, ma dipinge questo personaggio con una sua personalità, non etichettabile, il cui vissuto non è generalizzabile per tutti i casi. In uno dei momenti più intensi del gioco questo viene detto nero su bianco.
Il gioco, inoltre, ha il pregio di trattare l’autismo come una neurodiversità, non come una malattia. Alcuni personaggi di To The Moon si chiedono se sia giusto sentirsi guariti da qualcosa che è stato presentato loro come una malattia o se, con l’autismo, è andata persa anche una parte di sé. La discussione attorno alla definizione di neurodiversità come paradigma bio-politico è ancora attuale. Infatti il percorso per cominciare a pensare ad alcuni tratti non come a “deficit” ma come a differenze è purtroppo ancora lungo. To The Moon dalla sua sceglie di non semplificare la complessità di questo tema, perché il rischio è di perdere di vista il fatto che stiamo parlando di persone. Non di etichette.
Questo non è un gioco sull’autismo, quindi, ma su un autismo. Su come questo abbia influenzato la vita di questa persona e di quelle attorno a lei. Se sentite vicini questi temi o avete voglia di approfondirli vi consiglio Eccentrico, il libro autobiografico di Fabrizio Acanfora, vincitore del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi nel 2019.
Un videogioco per ragazzi maturi, attraverso emozioni da montagne russe
Ormai avrete capito che To The Moon è un bel giro sulle montagne russe dal punto di vista emotivo. Difficilmente è un gioco che dimenticherete. Ho apprezzato molto la scrittura di Kan Gao, come riesca a richiamare il linguaggio e le dinamiche di diversi periodi della vita senza mai essere retorico o banale. Il Johnny adolescente, ad esempio, è in grado di slanci d’amore incondizionato e irrazionale verso la sua prima cotta, ma anche di comportamenti egoistici e frasi involontariamente crudeli verso quelli visti come “diversi”.
In To The Moon ci sono anche le conversazioni ingenue e candide dei bambini, quando guardando la disposizione delle stelle in cielo ci si riesce ad immaginare una storia, ma ci troverete anche il cinismo e il disincanto che può subentrare in età adulta. I rimpianti e i rimorsi che possono far parte della senilità, pensando ad una vita trascorsa in un attimo, senza averla vissuta come volevamo. Il tutto accompagnato da musiche in cui si alternano partiture elettroniche, di pianoforte e di archi sempre perfette a descrivere le emozioni di ogni scena. Bastano le prime note durante il menù iniziale per capire che sarà un viaggio splendido e struggente anche a livello musicale.
Nonostante ciò in To The Moon si riesce anche a ridere, soprattutto nella prima metà del gioco, quando le battute nerd e la comica idiozia del dottor Watts reggono intere scene. Probabilmente questo gioco può significare qualcosa di diverso per ogni persona che ci giocherà, scaverà dentro di voi e ci ritroverete qualcosa della vostra vita o del vostro sentire.
To The Moon è una storia personale che riesce ad essere anche universale, come tutte le grandi storie. Nonostante ciò, bisogna fare delle premesse prima di avvicinarsi al titolo. Il ritmo di gioco è rilassato e gran parte del tempo sarà passato a leggere righe di testo che, se pur ottimamente scritte, potrebbero annoiare presto i ragazzi più giovani in cerca di maggiore interattività. Inoltre, To The Moon è un gioco maturo che rispetta l’intelligenza e la sensibilità di chi lo gioca e per questo evita di essere didascalico. Infatti, al giocatore è lasciato quel piccolo sforzo di unire i puntini e capire da solo le implicazioni di certe frasi o fatti. Se si riuscirà ad empatizzare con le vicende dei personaggi a schermo sarà impossibile non provare emozioni molto forti per questa storia di fantasia, ma così reale. Il gioco è classificato come PEGI 12, ma penso che alcune sfumature della trama possano essere pienamente colte solo da più adulti.
Questo, però, non deve scoraggiare un pre-adolescente ad avvicinarvisi. Se pensate che vostro/a figlio/a sia pronto/a per narrazioni videoludiche più mature, lontane dai rassicuranti luoghi comuni, consiglio questo gioco con tutto il cuore. Come sempre, il nostro suggerimento è di giocare insieme a vostro/a figlio/a, perché potreste arricchirvi voi come persona ma anche come genitore. Perdonate To The Moon se vi lascerà assistere ai suoi titoli di coda con un piccolo peso sul cuore. Citando uno dei protagonisti,
“il finale non è mai più importante del percorso a cui è legato”.