Smartphone in classe, il ministro ci ripensa

ragazza che usa lo smartphone in classe

Smartphone in classe, oltre ai tablet: la proposta di Valeria Fedeli, Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR), è di riportare i cellulari nelle scuole superiori e fors’anche medie, ma per “un uso consapevole e in linea con le esigenze didattiche”.

Mossa in linea con la Buona Scuola o passo falso?

La decisione, che risale allo scorso fine luglio, cerca al momento conforto nell’azione di analisi di una commissione che dal 15 settembre, per 45 giorni, cercherà di “chiarire l’uso dei dispositivi personali delle studentesse e degli studenti in classe, intervenendo sulle attuali circolari, risalenti a un periodo troppo lontano da oggi”.

Le indicazioni attualmente in vigore per quanto concerne l’uso degli smartphone in classe sono quelle che risalgono al 2007, che imponevano di lasciare i device digitali fuori dalle aule in quanto elemento di distrazione per gli studenti oltre che di mancanza di rispetto nei confronti dei docenti.

L’idea, conformemente alla larghissima diffusione degli smartphone (e dei tablet personali) e alla facilità con cui praticamente tutti i giovani possono oggi accedere ad essi, è di introdurli nelle aule a scopi didattici: cellulare e tablet possono essere usati in classe per fare ricerche e lavori di gruppo, per condividere documenti, insomma per contribuire al processo di digitalizzazione che tanto si intende agevolare nella scuola italiana, a partire dalle linee dettate dalla riforma della Buona Scuola in avanti.

Così commenta questa novità Alessandro Bencivenni, professore di scuola superiore conosciuto in Rete come ProfDigitale: “Personalmente sono a favore dello smartphone in classe, per trasformarlo in strumento di apprendimento. Chi dice di no penso che si immagini classi piene di bambini e adolescenti costantemente incollati allo schermo del proprio cellulare. Non è ovviamente l’utilizzo che viene in mente a me. Lo smartphone è uno strumento e come tutti gli strumenti non è necessario usarlo costantemente. Non deve essere il protagonista dell’attività didattica e utilizzarlo non dovrebbe assolutamente essere il fine da raggiungere come insegnanti”.

Due sono i punti aperti e su cui probabilmente molto dovrà dibattere il gruppo di lavoro: la regolamentazione di utilizzo e l’impatto sulla didattica.

Regolamentare l’uso dello smartphone in classe

Regole d’uso ragionevoli e condivise sono ovviamente la premessa indispensabile perché la novità non si trasformi in un boomerang, sia per i ragazzi sia per gli insegnanti. Del resto, rilevano molti docenti, il telefonino è già entrato nelle aule scolastiche con i ragazzi che difficilmente se ne separano o lo spengono quando entrano a scuola, utilizzato spesso di nascosto e fonte di notevoli distrazioni, social network e app di messaggistica in testa.

Allora, non è meglio legittimarne definitivamente la presenza, ma sulla scorta di precise linee guida per un utilizzo consapevole e funzionale alla didattica?

L’impatto sulla didattica

Se lo smartphone entra in classe in qualità di strumento utile alle lezioni è evidente che oltre alle regole per il suo impiego (quando accenderlo, quando riporlo ecc.) serve capire anche come sfruttarlo al meglio, in tutte le sue potenzialità di condivisione, ricerca, documentazione e creatività digitale.

Uno smartphone ha in sé un potenziale enorme, dotato come è non solo di connessione, ma anche di macchina fotografica, camera video, registrazione audio, app per la gestione degli audiovisivi e molto altro ancora. Come da anni segnaliamo su Mamamò, le applicazioni mobile in campo educativo sono moltissime e possono essere strumenti alternativi da affiancare a una didattica più tradizionale per insegnare le lingue, la musica, la storia, la geografia…

L’illusione che gli studenti nativi digitali abbiano scritto nel loro DNA le regole per il buon uso di smartphone e tablet è ormai da tempo tramontata e si è fatta strada la consapevolezza, nei genitori e negli insegnanti, che i ragazzi vadano educati e guidati anche nella dimensione connessa e virtuale, sia quando apprendono sia quando si relazionano con i loro pari.

La didattica, alla luce di questa nuova presenza in classe, si deve dunque innovare. Agli insegnanti spetterà un duplice compito: il primo, di insegnare agli studenti l’uso intelligente e corretto delle infinite risorse online, per distinguere fake news da informazioni attendibili, per selezionare audio, foto, video, nel rispetto di copyright e privacy, per rielaborare in modo funzionale e selettivo quanto trovato.  Il secondo, non meno sfidante, di affiancare le famiglie nel percorso che porta a un armonioso utilizzo della comunicazione digitale nella vita quotidiana, di adulti, adolescenti e giovanissimi.

Un esempio di utilizzo positivo

Torna infatti con energia su quest’ultimo punto ProfDigitale: “Credo che questa possa essere un’ottima occasione per far riflettere i ragazzi sull’utilizzo che fanno degli smartphone. La scuola potrà anche decidere di non rivendicare il proprio ruolo di comunità educante, nascondendo la testa sotto la sabbia nei confronti delle nuove tecnologie, adducendo “no” a priori, purché poi nessuno dei colleghi e dei genitori contrari si scandalizzi più per i crescenti casi di cyberbullismo, sexting, omicidi stradali, tutti  causati da un uso errato dei cellulari. Insomma, dare un esempio di utilizzo positivo e regolamentato aiuterebbe sicuramente ad evitarne l’abuso”.